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Pericolo in agricoltura


La disponibilità energetica è una delle grandi sfide che dobbiamo affrontare nel nostro Paese.

L’energia solare contribuisce a soddisfare questa esigenza ed è è incentivata dallo Stato, in vista del raggiungimento di obiettivi europei di approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili.

Nel biellese, negli anni, abbiamo visto crescere in modo significativo questa tecnologia, che, necessitando di grandi superfici, spesso viene installata in campi agricoli. E qui nasce il problema.

Liberi e incolti o riconvertiti, i campi sono molto ambiti per questo nuovo utilizzo e, ad esempio, tra Vigliano e Valdengo per non parlare di Santhià, sono molto grandi le superfici coinvolte in progetti in fase di realizzazione. Il grido di allarme ( poco ascoltato) nel mondo agricolo: dal piccolo coltivatore diretto al grande risaiolo, dall’allevatore a chi va cercando a fatica un terreno per fare fieno, si  sta allargando sempre di più col rischio di minare un mondo che invece meriterebbe di essere valorizzato .

Certo che c’è la  necessità di potenziare  questa forma di produzione di energia, ma è  razionale ricoprire le aree naturali con i pannelli fotovoltaici? In più non ci sono a oggi garanzie sufficienti affinché in alcuni casi entrambe le funzioni: agricola e produttiva di energia, possano convivere.

Possibile che non si riesca a comprendere che non possiamo più permetterci di consumare altro suolo, e che ci sono  collocazioni migliori, magari implementando il ricorso alle grandi e vaste aree industriali dismesse che potrebbero essere riconvertite così si  migliorerebbe  anche l’impatto estetico di molte strade del biellese.

Vittorio Barazzotto

Nel 2024 si vota: se vogliamo cambiamenti, non affidiamo deleghe in bianco alla politica


Il 2024 sarà un anno di elezioni. Oltre che per le europee, nel biellese si voterà per la Regione e per la maggior parte dei Comuni, capoluogo compreso.

Nonostante ad ogni tornata elettorale si registri un crescente astensionismo, per le amministrative i cittadini che votano hanno alte aspettative nei confronti dei candidati, nella speranza che i nuovi eletti siano più capaci di quelli uscenti. Va però riconosciuto che la politica riflette la società e se un sindaco, un assessore o un parlamentare non ci sembrano adeguati, probabilmente qualche pecca affligge anche il contesto civile di cui sono portavoce.

Nel biellese la rappresentanza civile ha perso capacità critica, perfino la proverbiale litigiosità locale è andata scemando e oggi non si intravede una comunione di intenti tra gli enti privati, che sovente sono tra di loro disuniti. Un tempo l’Unione Industriale, le associazioni dei commercianti e quelle degli artigiani, solo per citarne alcune, avevano un ruolo se non decisivo, stimolante nell’agenda politica. Offrivano un loro punto di vista, pungolavano le amministrazioni pubbliche, che plasmavano le loro priorità anche sulla base delle istanze del mondo civile.

La mancanza di confronto tra società e politica è il male che ci ha colpito e non ci sarà mai nessun eletto che potrà soddisfare le aspettative dell’elettorato, se questo vive avvolto in un’ombra silenziosa.

Non bastano le fondazioni, con iniziative sporadiche, è necessario chiedersi quale territorio vogliamo costruire per il nostro  futuro. Deve porsi questa domanda, prima di tutto il giovane, il commerciante che teme per il futuro della sua attività, il privato preoccupato per il valore della sua proprietà, le società sportive che vogliono fruire di palestre spaziose e quelle culturali sempre più in difficoltà. Soprattutto bisognerebbe chiedersi con chi, dove e come questo territorio vuole andare.

Affidare una delega in bianco alla politica, aspettare e poi lamentarsi in un bar o in un circolo, rappresenta il peggior approccio per affrontare  le  elezioni della prossima primavera pensando che  qualcosa possa cambiare. (In meglio)

Vittorio Barazzotto

Il messaggio di pace dei presepi mentre Betlemme è ostaggio della guerra


Giganti, meccanici, all’aperto, nelle piazze, nei boschi o nelle chiese. La tradizione del presepe nel biellese si mantiene salda, con quelli ormai storici di Mosso, di Callabiana o di Biella, dove l’istituto Belletti Bona ospita da anni il presepe meccanico di Fratel Amicare, che conserva intatta la sua suggestione nell’alternanza del giorno operoso e della notte quieta.

Ci sono poi le decine di presepi che animano tanti paesi e le loro frazioni, da Zubiena a Ronco, e che creano tanti piccoli nuclei di aggregazione per i visitatori e rinsaldano la vita sociale anche nelle comunità più piccole.

La loro immagine riecheggia nei social network, con le tante foto pubblicate dai visitatori, consolidando una tradizione ormai millenaria.

Stride però pensare che Betlemme, città della Natività, sia oggi ostaggio di una guerra che sembra non avere fine e che affligge tutti i territori circostanti, da cui è partito il più grande messaggio di pace della storia.

Proprio questa triste cronaca quotidiana deve farci mantenere la memoria sulla dedizione che sta dietro ai tanti presepi dei nostri paesi, perché solo nell’unità e nella cura dei valori comuni possiamo conservare e mantenere la pace per tutti, credenti e non.

Buon Natale

Vittorio Barazzotto

Léonard Gianadda


Pochi giorni fa è morto Leonard Gianadda, mecenate svizzero di origine biellesi, di Curino per la precisione. Ingegnere e immobiliarista, appassionato d’arte, di auto antiche, musica    e fotografia, creò la sua celebre fondazione a Martigny dopo che gli scavi in un terreno acquistato per la costruzione di una casa, fecero affiorare le vestigia di un tempio gallo – romano. Da lì iniziò tutto: la morte tragica del fratello lo indusse a cambiare il progetto costruendo attorno alla via franchigena una fondazione, che ospita opere di Van Gogh, Cezanne, Gauguin, Klimt (solo per citarne alcuni), aggiunse anche una collezione di macchine d’epoca e fece così nascere un polo dell’arte riconosciuto a livello internazionale, dove arte, archeologia, musica e storia si fondono con un effetto armonico e sinergico che colpisce il visitatore.

Era forte il legame con Curino, paese d’origine del nonno e con tutto il biellese. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo quando ero assessore e poi  sindaco. Nel 2008 andai a trovalo a Martigny e mi offrì l’opportunità di portare a Biella una mostra di Rodin, visto che lui era membro del comitato del Museè Rodin di Parigi. Andai a Parigi dal direttore del museo e ci accordammo per il 2009.  Si sarebbe trattato di una straordinaria occasione per Biella e decisi di rimandarla a dopo le elezioni del maggio del 2009, ma subito all’inizio ci fu una forte critica delle opposizioni e soprattutto di qualche giornale che contestava i costi (ridicoli) e non voleva cogliere l’opportunità e i benefici dell’evento. Persi le elezioni e non se ne fece nulla, la  nostra terra,  non sempre brilla di lungimiranza. Questo progetto irrealizzato segnò la fine di un’epoca vivace per la cultura nel biellese.

In un’intervista, Gianadda dichiarò che, all’epoca della nascita della fondazione, investì un grande capitale grazie all’audacia che possono avere soltanto gli italiani. Se ritrovassero la stessa audacia i tanti ricchi che ancora risiedono nel biellese, potrebbero avere la fortuna di essere ricordati per l’apporto dato al loro territorio proiettandoli in una dimensione internazionale. Vittorio Barazzotto

 

Liberiamoci dalle nebbie


La patente di città triste un po’ ci pesa. Due biellesi illustri, Massimo Giletti e Alberto Barbera, hanno proposto la cultura come rimedio per affrancarci dalla nomea di territorio con scarsa attrattiva.

La cultura di cui si parla ha molteplici implicazioni e sarebbe riduttivo associarla solo ad una serie di eventi e di mostre.

Manca la cultura che ci faccia apprezzare la bellezza e che generi un senso di appartenenza al territorio, così che, al termine di una mostra, le persone siano invogliate a ritrovarsi per stare assieme.

Il senso estetico renderebbe più attrattive le vie, le piazze e i paesi, come accade ad esempio nelle vicine zone dei laghi, in cui le vie e i balconi sono abbelliti dai fiori, e in un territorio ricco di florovivaisti come il nostro, è singolare che si trascuri la cura del verde cittadino.

Cultura è la capacità di progettare strutture ricettive, come avvenne qualche decennio fa, e collegamenti funzionali, condividendo lo scopo comune di lavorare per il bene del proprio territorio. A cavallo tra gli anni ’90 e 2000, Biella si era aperta anche ai giovani ed agli artisti, che avevano trovato spazio grazie all’abbinamento del “local” con il “global”, scovando gli anfratti della città più dimenticati e facendoli tornare a vivere.

I grandi nomi rischiano di cannibalizzare la città ed ora abbiamo bisogno di ricreare il collante emotivo che ci lega al biellese per evitare la fuga delle persone. Forse non è un caso che Biella sia l’unico capoluogo di provincia in Piemonte che non festeggi la ricorrenza del santo patrono con la stessa partecipazione delle altre città.

Se vogliamo immaginare un futuro a colori, dobbiamo iniziare da una rivoluzione culturale che ci contamini sul serio, dandoci una spinta di orgoglio e di speranza. L’impulso non deve partire solo dalla politica, ma da tutti noi per liberarci dalle nebbie grigie che da troppo tempo ci stanno avvolgendo.

Vittorio Barazzotto

 

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