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Da una quindicina giorni, davanti all’ingresso della stazione di Biella, una giovane coppia trascorre le notti su un marciapiede a fianco del cestino dei rifiuti. Niente tenda, niente riparo: solo alcune borse, coperte

sottili e l’asfalto sporco come giaciglio. Chiunque passi di lì non può non notarli.

Non si tratta solo di due persone senza casa: la loro presenza mette a nudo un paradosso. In una città prospera, dove non mancano associazioni e risorse, due ragazzi restano invisibili, senza che arrivi una mano

concreta, un intervento, una proposta.

E allora la domanda si impone: che cosa dice di noi una comunità che lascia due giovani dormire sul marciapiede, davanti agli occhi di tutti? Forse che la povertà, quando si mostra così nuda e ingombrante, è più

facile da ignorare che da affrontare.

Quella coppia ci ricorda che la vulnerabilità non appartiene solo a “qualcun altro”, lontano da qui. È presente, in mezzo a noi. E la vera questione non è quanto a lungo loro continueranno a restare lì , ma quanto a

lungo noi continueremo a passare oltre. Ricordo Augusto Festa Bianchet, anche lui dormiva su un giaciglio di fronte ai portici della Standa, nonostante gli avessero messo degli spuntoni per farlo andare un po’ più

in là . Una notte  andò talmente più in là che delle belve assassine, a forze di botte, di sevizie, urinandogli addosso lo spedirono al Creatore. I massacratori sono rimasti impuniti e non individuati. La storia non si è mai chiarita e i sospetti sono

sempre stati tanti. Biella che era molto più scintillante di oggi, scrisse una delle sue pagine peggiori. Ecco, sarebbe tragico che gli unici ad accorgersene di questa coppia fossero dei proseliti di allora. Alcuni vizi si tramandano.

Vittorio Barazzotto

Sono stati quasi 300 i ragazzi biellesi che hanno partecipato al Giubileo dei Giovani appena concluso. Le nostre parrocchie hanno portato la loro testimonianza, quest’anno in particolare in nome di Pier Giorgio Frassati, a cui siamo molto legati e la cui reliquia è stata esposta nella basilica di Santa Maria sopra Minerva, a pochi passi dal Pantheon, fino al 4 agosto in previsione della sua canonizzazione prevista a settembre.

Intervistati, i ragazzi hanno parlato delle loro speranze e della forza che li unisce, li spinge a credere che si può vivere in un mondo più giusto, più rispettoso degli altri e del nostro pianeta.

Questo evento di risonanza mondiale ci insegna l’importanza di (ri)scoprire le nostre radici, la solidarietà e la fratellanza che ci rafforzano e creano un’identità, basata su valori universali così profondi da consentire ad ogni persona di riconoscersi, indipendentemente dal proprio credo religioso.

Molto spesso critichiamo la Chiesa, dimenticando che sono proprio le chiese l’ultimo baluardo della vita di comunità, quella che ti accoglie, ti protegge e ti insegna a vivere con gli altri.

L’Europa ha radici cristiane e difenderle non significa diventare intolleranti, ma salvaguardare la nostra storia, il nostro percorso e proiettarci un futuro più evoluto.

Che ci sia stato un pezzetto di Biella in questo grande evento, è un incoraggiamento a sperare e a crederci.

Vittorio Barazzotto

Per il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino, ogni anno aumentano gli incidenti in montagna. Le cause principali sono l’abbigliamento inadeguato, l’imprudenza e, purtroppo, l’emulazione da social. Si chiede un intervento perché ci si è imbattuti in un sentiero impervio e ci si sente stanchi, senza pensare che i soccorritori impegnati sottrarranno tempo ad altre persone magari in condizioni peggiori.

Nel Biellese, secondo Marco Foglietti, Delegato del Soccorso Alpino Biellese, la situazione non sembra peggiorare negli anni, ma va considerato che le nostre montagne non subiscono l’afflusso turistico che caratterizza il Trentino o la Valle d’Aosta.

Se crediamo però nelle potenzialità ricettive dei nostri sentieri, vanno analizzate le cause di questo andamento nazionale per prepararci, in particolare mantenendo e implementando una cultura della montagna. Si potrebbe iniziare dalle scuole, far conoscere le nostre valli e i sentieri che le attraversano alle nuove generazioni e, al contempo, credere in progetti e iniziative che valorizzino il nostro patrimonio, come ad esempio quelli proposti da Marta Bruschi per ricordare il suo compagno Sandro Castellani scomparso quest’anno: installare un pannello illustrativo delle cime che si possono ammirare dal Monte Camino e consentire alle persone con disabilità sia fisiche sia psicologiche di sciare o di ammirare i paesaggi montani.

(Ri)trovare un interesse comune crea un’identità comunitaria, alla base di un modo di vivere meno egoista e più sereno.

In questo modo, magari, avremo la possibilità di allungare lo sguardo oltre all’orizzonte, meno selfie sugli spuntoni di roccia e più sorrisi autentici.

Vittorio Barazzotto

I dati, pubblicati di recente sul rapporto sulla montagna curato dall’Uncem (Unione delle comunità montane) e rilanciati dal Corriere della Sera, evidenziano un aumento del numero di persone che hanno deciso di trasferirsi in borghi montani. Anche nel Biellese, in Valle Elvo, Valle Cervo e, in particolare Valsessera si registrano segnali, seppur piccoli, di un andamento in crescita, che non riesce ancora a supplire al calo demografico dei residenti, ma che va seguito e incoraggiato e che dimostra tutte le potenzialità di una vita più a dimensione d’uomo. Dell’argomento se ne sta occupando nel duplice ruolo di sindaca di Occhieppo Inferiore e di Presidente Unioni Montane Valle Elvo, Monica Mosca, che insieme a due “migrate” dalla Lombardia , Diana Sartori e Chiara Schiavo da non molto nel Biellese, sono convintamente impegnate ad esaltarne le bellezze e le opportunità  promuovendo  incontri con i residenti,  per comprendere le necessità dei servizi indispensabili per incoraggiare un nuovo flusso migratorio che ravvivi le nostre vallate.

Nel Biellese non mancano la natura, l’acqua, il fresco e la tranquillità, ma siamo carenti da sempre e come sempre nei trasporti. Sembra un eterno gioco dell’oca in cui non riusciamo mai a superare questa perenne carenza di collegamenti.

Tornare a vivere in montagna è una possibilità sempre più appetibile, basti pensare ai costi delle case o ai cambiamenti climatici, ma non deve essere vista come una scelta da eremita. Marco Bessone, presidente Uncem,  da anni si batte giustamente a difesa dei servizi materiali essenziali.   Ci si deve impegnare, investire per rendere la nostra splendida natura ancora più accogliente, altrimenti la poesia cede il passo alla realtà spingendoci a un eterno anacronistico isolamento.

Vittorio Barazzotto

Non è stata la vendetta del Babi. Ermanno Caneparo se n’è andato in modo naturale, dopo una lunga vita, parte della quale dedicata al personaggio del Gipin del Carnevale di Biella. Per ben 30 anni è stato il custode delle chiavi della Città, consegnate dai vari sindaci che si sono susseguiti, tra cui il sottoscritto. Sembrano passati secoli dalla Biella di allora, quando era consentito ridersi addosso, subire le ironie più o meno amichevoli delle maschere di un Carnevale mantenuto vivo e vivace da una comunità che si preparava ogni volta con undici mesi di anticipo alla settimana scoppiettante che culminava con il processo del Babi.

Nell’omelia funebre, don Panigoni ha ricordato Ermanno e ha parlato del terzo occhio, quello che gli induisti si disegnano tra le sopracciglia, e che rappresenta il sesto chakra della saggezza nascosta, che ci consente di vedere oltre a quello che i nostri occhi percepiscono. Ermanno non era solo il Gipin, era una persona attiva socialmente, partecipe alla vita locale rappresentante del quartiere e presidente del Circolo del Piazzo. La voglia di scherzare non era solo voglia effimera di evasione, era un modo per tenere viva la città e consolidare le relazioni tra le persone.

Le parole, le battute, gli scherzi di allora hanno lasciato il posto ad un linguaggio digitale, che ci illude di essere sempre più connessi e integrati, mentre la libertà vera, quella scanzonata e sana che non ci fa prendere troppo sul serio, per prendere invece sul serio la vita della nostra comunità, beh due maschere del Carnevale ce l’hanno insegnato.  Franco Caucino, il Cucu di Chiavazza, morto l’anno scorso e adesso Ermanno , in arte Gipin. Come tornano d’attualità le parole di Giorgio Gaber Che la vera libertà non è l’isolamento, ma l’essere parte di una comunità e partecipare attivamente alla vita sociale e politica.

Vittorio Barazzotto