Blog

Continuano a perpetuarsi sulle nostre montagne le azioni scellerate da parte di vandali nel distruggere croci, statue, cartelli, libri con le firme e i pensieri ( libri di vetta) custoditi in piccoli contenitori sulle cime.
Per tutti gli alpinisti simboleggiano le fatiche e le imprese dei tanti che prima di noi hanno anticipato il nostro percorso e nei confronti di questi luoghi si ha e si conserva un rapporto intimo quasi sacrale.
Chiunque (a questo punto, quasi chiunque) sia una passeggiata tranquilla o un’ impresa impegnativa , in montagna prova emozioni e sensazioni , frutto della fatica, a volte sofferenza , che ti porta a rincociliarti con te stesso e con gli altri. Il salutarsi quando ci si incrocia simboleggia una condivisone e un ‘apertura verso il prossimo. Insomma tutte cose che sappiamo, e allora la domanda sorge spontanea: perché qualcuno giovane o non giovane arriva lì, e inizia a deturpare senza pietà ciò che gli si para davanti . Cos’è che lo spinge a vandalizzare un qualcosa che è lì anche per lui, e magari da decenni, costata per realizzarla una triplice fatica rispetto alla nostra, almeno solo per portare il materiale . Potremmo discutere all’infinito e come al solito dando la colpa a tutti , alla società , agli astri e al covid tanto per variare. Invece bisognerebbe chiedersi se sei un genitore : “ son sicuro che mio figlio non farebbe questo?” oppure per un dirigente scolastico: “ ma i miei studenti lo farebbero ? sì forse sì” e se un politico : “ ma io cosa sto facendo per evitare questo disagio?” Che politiche sociali e che cavolo di città sto realizzando?” E se sei sempre un politico anziché inasprire le pene, non sarebbe sufficiente applicare quelle che già sono esistenti , ovvero mettere in atto quel principio che si chiama la certezza del diritto . Magari con pene alternative alla galera , tipo lavori in alta montagna, asfaltatura delle strade , pulizia della città , raccolta dei rifiuti all’alba , insomma tutti lavoretti che ti fanno sudare e pensare. Invece truffe , furti, risse, prendere a testate qualcuno, non è un problema perché aleggia l’idea che c’è una sorta d’impunita’ degenerativa e che quindi tanto si riuscirà ad evitare qualsiasi sanzione o detenzione , figuriamoci per una croce su una cima.
Tutta questa tolleranza diffusa nella famiglia, nella scuola, nelle istituzioni, abbinata ad un’assenza di valori che non riescono più a rigenerarsi, con una politica che non offre esempi edificanti ci aiuta a trovare una risposta .
Alla gente, in assenza del nulla, non le rimane altro che spaccare qualcosa.
Vittorio Barazzotto
- deturpazione, Famiglia, inpunità degenerativa, montagne, vandali

Nella provincia di Biella si registrano tassi di consumo del suolo nettamente più alti di quelli della media piemontese, nonostante gli indicatori sugli indici di natalità e di numero di residenti calino implacabilmente di anno in anno.
Viviamo in un territorio sempre più fragile: ogni volta, dopo un evento meteo estremo, ce ne ricordiamo e perdere suolo significa essere sempre più esposti al rischio idrogeologico.
Una delle cause di questa corsa inarrestabile alla cementificazione è la presenza, in particolare in certi comuni, di superfici edificabili occupate da siti industriali dismessi, che incombono grandissimi sulle nostre strade, orfani di un passato lontano e logorati dall’incuria dell’abbandono.
Aggiustare, sistemare, riqualificare, a volte in presenza di vincoli urbanistici, è complicato e costoso, meglio costruire ex novo: portare a casa consensi ed entrate per il Comune.
Alcuni amministratori sembrano veramente bulimici, vanno di cemento e se poi ci sono allagamenti non è colpa del povero terreno che non drena, ma del clima.
Nascono così i campi fotovoltaici sui prati o l’ultimo supermercato di turno su una porzione di un parco pubblico e l’agricoltura con gli allevamenti pazienza.
Inoltre, un territorio senza collegamenti è meno appetibile e mancano investitori importanti che potrebbero aver interesse nella riqualificazione delle vecchie fabbriche. Non c’è una pianificazione urbanistica, non c’è sensibilità culturale e nemmeno una visione di insieme, per cui prevale la scelta del singolo, ma ogni volta che copriamo un po’ di suolo con una nuova colata di cemento, erodiamo anche un pezzo del nostro futuro.
Vittorio Barazzotto
- campi fotovoltaici, consumo del suolo, futuro, gemento, Provincia di Biella, rischio idrogeologico, territorio fragile

L’intitolazione del Ponte Cervo a Nino Cerruti sicuramente è stata un’ottima iniziativa per ricordare un grande personaggio: l’unica vera firma della moda biellese. Abbiamo infatti tanti marchi, conosciuti in tutto il mondo, ma non degli stilisti. Lui invece aveva capito prima degli altri il possibile futuro del tessile, aprendo una boutique a Parigi, in anni in cui le aziende biellesi misuravano la propria ricchezza dai chilometri di stoffa prodotti. Fin dagli anni Sessanta aveva captato quale sarebbe stata l’importanza delle grandi firme, di un brand, diventando un personaggio mondiale. Di sicuro uno dei dieci nomi biellesi più importanti del secolo. Lo ricordo fin da quando ero bambino e lo vedevo frequentare lo studio di mio padre, ne ho seguito tutto il percorso. Nel tentativo appena iniziato, collaborò col Comune per dare un rinnovo nelle luci , nei colori della nostra città, progetto interrotto nel 2009 al termine del mio mandato. Convintamente gli conferii la cittadinanza onoraria nel novembre del 2007 . Ecco, attorno a lui si che si potrebbe costruire una sorta di museo innovativo, ricco di filmati, di storie , di aneddoti, delle più di duecento star hollywoodiane da lui vestite.
C’e’ un altro ponte però che al momento è orfano e attende l’intitolazione: è il ponte della Tangenziale di cui sembra proprio che si voglia mandare tutto nell’oblio. Mesi fa, su questo giornale lanciammo la proposta di dedicare il viadotto al cantoniere Sante Geromel che il 24 settembre del 1993, grazie alla sua intuizione, esperienza e tenacia convinse i superiori a chiudere il transito, dieci minuti prima del crollo, evitando una strage. Walter Leotta oggi ricorda gli avvenimenti di quel giorno. Son figli di questa terra Nino Cerruti e Santo Geromel, con due storie completamente diverse, ma entrambi hanno molto da insegnare e chiedono di essere ricordati e di essere portati come esempio. Se ogni Biellese avesse un po’ di DNA di entrambi non ci sarebbero crisi e ostacoli a farci paura, soprattutto avremmo piu cuore .
Vittorio Barazzotto
- Nino Cerruti, ponte, Santo Geromel

La notizia della chiusura di un altro negozio agli Orsi ha destato nelle settimane scorse molte preoccupazioni, soprattutto per l’ulteriore perdita di posti di lavoro. Ci si domanda come arrestare quello che sembra un effetto domino, visto che le vetrine vuote iniziano ad abbondare ovunque. A parte la chiusura dell’A&O di via Trento, nonostante si fosse fidelizzato come un negozio di quartiere, il Biellese, per contro, continua ad essere terra di conquista di centri commerciali nel settore degli alimentari.
Che cosa sprona un imprenditore a compiere investimenti così importanti sotto il Mucrone, visto l’andamento generale del commercio locale? Quale può essere la redditività, ovvero in quanti anni si possono ammortizzare simili sforzi finanziari? Se guardiamo il target, il Biellese vede i residenti calare ogni anno, gli anziani aumentare e quindi tendenzialmente a mangiare meno, e ad incuriosire è la contro tendenza di una preferenza sempre più marcata verso i supermercati con prezzi più contenuti.
E’ vero che siamo la città dopo Milano con i maggiori risparmi, ma i dati demografici parlano chiaramente. E allora sarebbe curioso chiedere alla Conad cosa la porta, pare con tanta determinazione, ad investire in Via Carso negli edifici delle ex pettinature. I collegamenti, nonostante le promesse, non sono imminenti né prioritari per l’attuale assetto politico (l’unica premessa per invertire il crollo dei residenti). Va bene che tantissimi non rinunciano alla qualità, ne è una conferma Mosca, se non la più grande, tra le più grandi gastronomie in Italia, ma qui siamo nel campo delle eccellenze, e le eccellenze fanno eccezione alla legge della domanda.
Vittorio Barazzotto
- calo residenti, orsi, perdita posti di lavoro, vetrine vuote

Lo scorso mercoledì sono stati ricordati i martiri della libertà, quelli a cui è dedicata l’omonima piazza di Biella. Soffermarsi sui loro nomi e sulla loro età, incisi nella lapide di commemorazione, scuote la coscienza.
Il più grande aveva 33 anni, uno appena 17. Uno era diciottenne, undici avevano 19 anni, uno ne aveva 20 e tre 21. C’era poi uno di 22 anni e ancora tre di 24 anni. Tutti fucilati, in un massacro avvenuto solo 81 anni fa il 4 giugno .
Se fossero rimasti rintanati nelle loro case, probabilmente avrebbero condotto una vita lunga, avrebbero cresciuto dei figli, dedicato la vita al lavoro e alla famiglia. Qualcuno sarebbe diventato un bravo professionista o un abile artigiano. Insomma, avrebbero avuto dalla loro parte la vita.
Avevano però fatto una scelta diversa, scomoda e in controtendenza, che era quella di combattere per un ideale di libertà.
Vennero catturati, perchè partigiani, dai tedeschi che li fucilarono. Dopo il massacro, i loro corpi vennero lasciati lì, in piazza, agonizzanti e fu loro negata una degna sepoltura.
Mi pare poco, ma solo questo posso fare: ricordarli, perchè il loro sacrificio, così come quello di tanti altri, ha contribuito a cambiare governo, da monarchico a repubblicano, da dittatura a sistema democratico. Hanno avviato il nostro Paese sulla strada delle democrazia, della ripresa economica e dei benefici tipici di una libera repubblica.
Quando passiamo in quella piazza volgiamo uno sguardo ai loro nomi, per non dimenticarli. E soprattutto cerchiamo sempre di onorare il loro sacrificio affinché nell’ altra vita non si debbano pentire per il sacrificio che hanno compiuto per noi sulla terra .
Vittorio Barazzotto
- martiri della libertà, sacrificio, tedeschi

Il rischio di estinzione del lupo ci ha tormentato per anni, mentre ora la sua ricomparsa ci preoccupa così tanto, da renderlo cacciabile. In Regione Piemonte è stato proposto un piano di controllo numerico, con una previsione di dimezzamento immediato e poi di un mantenimento annuale.
Oltre alle mie incrollabili convinzioni animaliste, ci sono dati che dimostrano che l’abbattimento dei lupi non è per forza la soluzione migliore, anzi. I lupi sono i predatori naturali di cinghiali e caprioli e preferiscono sempre le prede selvatiche al bestiame.
Secondo Coldiretti, la fauna selvatica lo scorso anno ha causato danni all’agricoltura piemontese per oltre 4 milioni e mezzo di euro. I danni principali sono causati dai cinghiali, a cui seguono i caprioli. I costi per la mancata gestione di questo problema sono alti e collettivi.
La caccia non è sempre la soluzione: pensiamo al cinghiale che, nonostante le attività venatorie, non se ne contiene l’espansione. Certo che se un gregge viene lasciato privo di sorveglianza e’ a rischio , ma se custodito anche solo da cani cambia la situazione. Poi abbiamo pastori che svolgono per passione e sacrificio un lavoro stupendo con migliaia di capi , limitando le perdite veramente al minimo.
Altri pastori invece sfruttano situazione per avere indennizzi. Oppure quelli che si sono improvvisati qualche anno fa , portando animali mucche, cavalli , asini , lasciati nelle nostre colline allo stato brado, crepare non per mano dei lupi ma dalle sete e dalla fame .
Possibile che non si voglia trovare un equilibrio con la natura senza dover sempre piegarla e violentarla alle nostre aspettative?
Vittorio Barazzotto
- caccia, Coldiretti, equilibrio con la natura, regione piemonte, ricomparsa lupo