
“Abbiamo perso, ma smettiamo di perderci”. L’ho appena letto scorrendo la bacheca di un social e mi sembra la miglior sintesi di questo momento. Alle elezioni c’è chi vince e c’è chi perde: strana dicotomia, in un ambito, la politica, in cui si dovrebbe giocare tutti per la stessa squadra, anche indossando il paradosso di magliette di diverso colore. Per quello non si spiega l’arroganza di certi vincitori e la poca onestà di certi sconfitti. Resta da tener presente un sano principio di alternanza, ma sempre che lo sia davvero, “sano”. È il momento, per me, di ringraziare tutti quelli che mi hanno ancora dato fiducia scrivendo il mio nome sulla scheda: 3.042 attestati di stima in un momento in cui il Partito Democratico non aveva certo il vento in poppa, come invece accadde cinque anni fa.
Analizzando nel dettaglio i dati cittadini, però, si evince un evidente scarto tra il risultato del Pd alle regionali (7.773 voti), più o meno in linea con quello delle europee ma con circa 700 voti in più, e quello alle comunali (5.009 voti). Nel primo caso sembra proprio che siamo riusciti a intercettare un voto non solamente afferibile al mondo Pd, con uno spostamento al centro, mentre nel secondo caso non siamo riusciti a intercettare nemmeno l’intero elettorato del Partito, che percentualmente si ferma al 15% contro il 24,28% nel voto regionale.
Ora è su questo che si dovrebbe aprire una sana riflessione. C’è da riflettere su quale centro e quale sinistra dovrebbe rappresentare il maggior partito di Centrosinistra. C’è da riflettere su quali elettori sono tornati, su quali elettori se ne sono andati per non tornare più. Su chi si sente a casa e su chi si sente profondamente a disagio, e perché. Perché l’impressione che ho ricavato da quest’esperienza è che abbiamo avuto difficoltà a leggere la realtà e il contesto che la contiene. Perché continuo a pensare che il Partito Democratico debba essere un club inclusivo, piuttosto che un club esclusivo. E poco importa che esclusivo lo sia davvero, o che sia soltanto, come ormai si usa dire, una percezione. Perché quello che potrei ritenere un successo personale, comparando le mie preferenze con quelle del resto dei candidati locali al Consiglio regionale di ogni schieramento, in realtà non lo è. Perché continuare a porsi domande è il modo migliore di fare politica.
In ogni caso, sono orgoglioso del lavoro svolto in questi cinque anni e ringrazio il Presidente Chiamparino e tutti i miei compagni di viaggio e di fatica per l’impegno profuso. Abbiamo lavorato per il bene del Piemonte e io ho cercato in tutti i modi di tenere alta la bandiera della nostra Biella e del nostro Biellese. I risultati ci sono e altri presto si vedranno.
Grazie a tutti per la fiducia e a chi mi ha sostenuto.