Il tempo di pensare al futuro

La scorsa settimana in occasione della partecipata commemorazione del vicequestore Francesco Cusano, ucciso a Biella 41 anni fa dalle Brigate Rosse, ho ascoltato con attenzione il discorso del Capo della Polizia, Franco Gabrielli. Oltre alle belle parole spese nel ricordo di Cusano e rivolte alla sua vedova, un passaggio mi ha colpito particolarmente. Gabrielli, ragionando sull’attuale contesto generale, ha sottolineato come noi italiani siamo così bravi ad affrontare le emergenze. La sua considerazione a margine è stata che lo siamo perché quello italiano è un popolo abituato e concentrato a vivere il presente.

Ecco, proprio su questa considerazione vorrei soffermarmi e riflettere, perché credo che l’osservazione sia, pur con tutte le sfumature possibili, corretta. Oltre all’irrinunciabile “carpe diem”, filosoficamente ineccepibile per chiunque percepisca la propria vita come un elemento destinato, prima o poi, a esaurirsi e da cui trarre il meglio finché è possibile, soffriamo probabilmente di un difetto di progettazione che ci costringe a essere così creativi e reattivi di fronte alle emergenze. Un concetto forse esasperato nel nostro Biellese, territorio caratterizzato storicamente dal “fare” a testa bassa con le maniche rimboccate, sacrificando spesso i ragionamenti legati alla programmazione e al futuro economico e sociale della nostra terra.

Insomma: vivere il presente è la necessità, per ritagliarsi qualche spazio di felicità e per risolvere le situazioni contingenti quotidiane. Per chi si occupa di politica, però, il dovere è quello di vivere il futuro legato alla progettazione a lungo termine. Vivere il futuro è quindi un dovere politico, legato alla previsione possibile di un “futuro presente”; affinché il presente che ha da venire trovi un suo preciso significato anche nell’esperienza del passato.

Per Biella e il Biellese è tempo di pensare al futuro, che il presente è un po’ così così.