In Italia, in Piemonte e nel nostro territorio i nodi economico-sociali da sciogliere continuano a essere parecchi. Le notizie di cronaca degli ultimi giorni sul disagio sociale, sui licenziamenti, sull’esaurirsi degli ammortizzatori sociali e su un Pil che stenta a crescere non sono certo incoraggianti. Non tutto però è negativo. Ci sono anche alcune prospettive di ripresa che sarebbe ingiusto non considerare o tacere.
Primo. Un segnale positivo si trova nascosto tra i dati raccolti dall’Istat in merito al commercio estero. Da questi numeri spunta una sorpresa: la nostra regione, Biellese compreso, è riuscita in questi anni a colmare il gap rispetto ai picchi del periodo pre-crisi, per intenderci quello immediatamente precedente il crollo dell’economia globale a seguito del fallimento Lehman Brothers. L’export piemontese si attestava poco sotto i 38 miliardi di euro nel 2008 e nel 2015 ha invece sfiorato i 46 miliardi, mettendo a segno una crescita superiore al 20%.
Un trend simile lo hanno fatto registrare le imprese biellesi: aumento delle esportazioni del 15% tra il 2015 e il 2007 (anno in cui si era registrato il picco prima della crisi nella nostra area), con il dato finale attestatosi a quasi 1,7 miliardi di euro. Il Biellese, però, offre altri due spunti interessanti: uno riguarda il tessile-abbigliamento, settore che come sappiamo continua a caratterizzare il nostro territorio e che più volte è stato dato per moribondo. Anche in questo caso il 2015 si è chiuso con un nuovo massimo, a quasi 1,3 miliardi (+13,8%) che rappresenta il 77% dell’export totale della provincia. L’altro riguarda il trend positivo che Biella ha saputo mantenere anche nei primi nove mesi del 2016 (i dati Istat declinati in chiave locale si fermano a fine settembre), con una crescita del 2,7% complessiva e dell’1,6% del tessile. Al contrario, a livello regionale, abbiamo per il momento assistito a una frenata di quasi cinque punti sui nove mesi, paragonati con l’analogo periodo del 2015. Malgrado ciò, anche per il Biellese, attraverso i fondi europei, la Regione metterà a disposizione ingenti contributi per l’innovazione dell’industria, generando un effetto moltiplicatore degli investimenti.
Secondo. Un dato recente, di cui è stata data ampia divulgazione riguarda cultura e turismo. Il Piemonte, stando alla ricognizione ufficiale del Ministero per i Beni culturali (il Mibact) risulta essere la quarta regione per numero di visitatori nel 2016. Davanti ci sono solo tre regioni difficili da battere in questo campo: il Lazio, con il Colosseo e il patrimonio inestimabile che sappiamo; la Campania, con il sito archeologico di Pompei; la Toscana, che con Firenze è un’altra delle mete di rilievo mondiale. Il Piemonte (circa 2,5 milioni i visitatori censiti) s’inserisce a pieno titolo nella top 5 ed è la regione che ha fatto registrare il più ampio incremento a livello nazionale, con un balzo del 31,4% negli ingressi rispetto all’anno precedente. E, scendendo nel particolare, la Reggia di Venaria ha messo a segno una crescita del 70%.
Terzo. Menzione speciale va alla crescita nell’agroalimentare, non solo a livello quantitativo, ma anche qualitativo. Le produzioni di vino, di birra artigianale, di prodotti tipici derivanti dall’agricoltura e dall’allevamento locali, così come di formaggi, stanno ottenendo riconoscimenti al di fuori dei confini del territorio grazie anche alle rinnovate capacità imprenditoriali di molti giovani. Le imprese come Lauretana e Menabrea, due marchi di successo nazionale e internazionale, assieme ai caseifici e ai salumifici consolidano le loro performance contribuendo a una riscoperta e valorizzazione di economie che per molti anni abbiamo trascurato.
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Questi numeri sono importanti anche a livello psicologico. Intanto dimostrano che il sistema produttivo locale ha la capacità di reagire anche alle crisi più gravi. E quella attuale è forse peggio della stracitata “crisi del ‘29”. Poi, inducono a guardare con una relativa fiducia al futuro. Rimangono i problemi di sempre, endemici al nostro sistema: crescita ancora lenta, mondo del lavoro in sofferenza, ripresa dei consumi non ancora manifesta, incertezze e variabili a livello internazionale, incognite politiche all’orizzonte.
Aggiungo un elemento di ulteriore orgoglio: le performance citate, sebbene non siano sufficienti a risolvere tutti i problemi ancora sul campo, risultano però superiori a quelle messe a segno dalla osannata Lombardia, quasi sempre indicata come la vera “locomotiva d’Italia”. Ruolo che le spetta, dall’alto del suo peso specifico sull’economia nazionale e dei suoi 111 miliardi di export, ma la sua crescita, nel periodo 2008-2015 (tra pre-crisi e il momento nel quale si ricomincia a respirare qualche dato positivo) è stata del 7%, ben lontano dal 20% piemontese, performance che ha portato, nello stesso periodo temporale, il totale dell’export regionale a 45,8 miliardi di euro. Dati che, ovviamente, si riferiscono al 2015 in quanto quelli dell’intero 2016 non sono ancora disponibili.
Il confronto sulle esportazioni dei due capoluoghi, poi, è impari, perché Torino a fine 2015 aveva messo a segno una crescita del 20% rispetto al 2008, salendo a 22 miliardi di euro di merci esportate. Milano, per contro, faceva segnare un calo del 16,9%, sempre rispetto al 2008, scendendo sotto i 37 miliardi di euro.
Dati che possono essere visti come mattoncini per costruire la ripresa e per ridare finalmente slancio in prospettiva. Molto dipenderà da fattori esogeni ai territori, alla loro politica locale e alle imprese che vi operano, ma noi dobbiamo impegnarci per non perdere delle opportunità in un territorio, quello biellese e piemontese in generale, in grado non solo di reagire, ma anche di attrarre nuove energie e investimenti. Basti ricordare, alle porte del Biellese, la decisione di Amazon di realizzare a Vercelli un centro simile a quello già operativo a Piacenza. Oppure l’annuncio di Fca di puntare centinaia di milioni per sviluppare la ricerca nel Torinese. Oppure anche il nuovo stabilimento Lavazza a Gattinara.
Il 2017 potrebbe essere un anno importante il Biellese. Penso al fronte delle infrastrutture e dei collegamenti: due aspetti fondamentali per lo sviluppo e per le imprese che qui lavorano. Dopo decenni di discussioni, sui collegamenti ferroviari e sulla Pedemontana stiamo per passare dalle parole ai fatti. Obiettivo che stiamo raggiungendo con un lavoro di squadra: enti pubblici e privati che per la prima volta lavorano insieme per un fine comune.
Che si tratti di industria, di ricerca, di turismo, di formazione, di sociale o qualsiasi altro campo, ormai siamo al punto di non ritorno. L’espressione “fare sistema”, di certo inflazionata, deve trasformarsi dalla formula retorica del creare sinergie e alleanze, spesso senza contenuto, in un’azione reale carica di fatti concreti.
L’importanza strategica di proporre il Made in Italy all’estero, di cui il Piemonte è parte importante, nel suo complesso, e non come singole regioni o nicchie di mercato, vale a maggior ragione anche per noi, dalle attrattive turistiche ai primati alimentari o tecnologici. Le capacità per cogliere e vincere questa sfida le abbiamo. Anche noi Biellesi.