Addio a Gianmaria Testa: artista raffinato, uomo semplice, paroliere da brividi

Nell’aprile del 2000, quando ero assessore alla cultura del Comune di Biella, ospitammo al Sociale Gianmaria Testa. Ancora sconosciuto al grande pubblico Italiano, arrivò in città contattato dal promoter Lele Ghisio per mettere in scena lo spettacolo che di lì a pochissimo lo avrebbe consacrato come uno dei cantautori più conosciuti e applauditi oltralpe. Una sorta di “prova generale” per il concerto all’Olympia di Parigi, tempio sacro della musica per tanti francesi dai gusti non facili.
Scese dell’auto con la sua piccola band e chiacchierando con un gruppo di ragazzi biellesi venuti ad ascoltarlo, la prima cosa che disse fu: “Ci siamo scordati i reggi chitarre nell’altra macchina… A voi mica ne avanza qualcuno?”. E da qualche baule ne spuntarono abbastanza per tutti gli strumenti da piazzare sul palco.

Nella magia del piccolo teatro biellese nacque una serata di grande musica. Potente e raffinata al tempo stesso. Lo ascoltavi e ti chiedevi come mai fosse possibile che quel capostazione di Cuneo non fosse già applaudito da tutta Italia.
Ciò che dicevano di lui, del fatto che nonostante la veloce ascesa nel gotha della musica parigina non avesse perso quell’atteggiamento da “vicino di casa”, era vero. Finimmo la serata davanti una pizza, tra battute di spirito, parlando del più e del meno, come se ci si conoscesse da anni.
In seguito, il successo, pur se di nicchia, arrivò anche in patria, e Testa scrisse canzoni meravigliose, che non so se resteranno nella storia della musica al pari di quelle dei Tenco o dei Conte, ma che di certo resteranno tra i pezzi che preferisco ascoltare e che, da oggi, si porteranno appresso un velo di tristezza per la scomparsa di un artista raffinato, un uomo semplice, un paroliere da brividi.