A dispetto dello storico, geografico, infrastrutturale isolamento, Biella è, in qualche modo, strettamente connessa al mondo. Culturalmente ed economicamente. Dai tempi delle migrazioni in cerca di fortuna, dalla partenza dei muratori per la Francia – alcuni dei quali in grado di fare grande fortuna in passato, come Enrico Triverio, capace di creare un’impresa di costruzioni importante in tutta la Costa Azzurra da inizio ‘900 fino agli anni 2000 -, dai tempi dell’importazione dei primi telai dall’Inghilterra per avviare le produzioni tessili su scala industriale.
Come sappiamo – e come ovviamente siamo costretti a sintetizzare – questi legami sono diventati via via più profondi nella misura in cui, generazione dopo generazione, il “saper fare” biellese ha conquistato mercati sempre più vasti e distanti, e, soprattutto, questi legami sono diventati a un tempo vitali e anche pericolosi con l’avvento della globalizzazione.
Il destino, il benessere, il progresso del territorio nei prossimi mesi, anni, non può prescindere quindi dalle dinamiche esterne. Che ci piaccia o no è così. È, se vogliamo una metafora suggestiva, la famosa storiella della farfalla, del battito d’ali e delle conseguenze dall’altra parte del mondo.
È sempre stato così, anche in passato: anche quando chi partiva decideva la propria destinazione non casualmente, ma sulla base delle informazioni sull’economia e sulle possibilità di lavoro nei Paesi vicini. Dinamiche che hanno regolato e determinato flussi e scelte di persone e imprese per secoli. Per le nostre aziende, capire in anticipo il polso di certi mercati, intuire le trasformazioni e sapersi posizionare ha spesso fatto la differenza tra vivere e prosperare o soccombere ai concorrenti.
Non possiamo negare che queste battaglie hanno lasciato parecchie cicatrici sul Biellese, che oggi assomiglia a un giocatore di rugby del Sei Nazioni al termine di una partita. Magari non vittorioso in assoluto, ma in piedi e consapevole di far parte di una ristretta cerchia di combattenti.
Sarà bene esserne consapevoli nel prossimo futuro sul quale regna un’incertezza tale da rendere imprudente azzardare previsioni. Le più recenti analisi congiunturali disponibili mostrano un quadro incerto con un incremento del sentiment pessimista da parte del nostro tessuto economico. Non potrebbe essere altrimenti di fronte agli scenari nazionali, e mondiali, attuali. Ma, parafrasando una recente citazione di Enrico Letta ospite della trasmissione di Fazio, se per opporsi al vento di cambiamento si erigono muri questo diventa negativo; se invece si costruiscono mulini a vento, questo vento di cambiamento si trasforma in energia positiva.
Da un punto di vista più tecnico, non bastasse la divaricazione preoccupante tra le stime di crescita inserite dal Governo nella manovra economica (+1,5% del Pil) e quelle ben più prudenti – e probabilmente realistiche – di Banca d’Italia e Fondo monetario internazionale (+0,6%), c’è da fare i conti anche con un generale rallentamento mondiale, influenzato dalle intemperanze del presidente americano Donald Trump, oltre che dai numerosi fronti caldi, che possono causare ripercussioni economiche. I rapporti Usa-Cina e la loro evoluzione saranno fondamentali anche per la nostra economia locale, non fosse altro per il fatto che rappresentano due tra i principali mercati di sbocco delle esportazioni biellesi.
A livello nazionale, il campanello d’allarme che fa suonare l’Istat a dicembre per le esportazioni extra-Ue non va sottovalutato: proprio Cina e Usa arretrano, insieme a Turchia e Russia, trascinando il dato complessivo a un -5% tendenziale. E tra i settori più colpiti si segnalano beni di consumo e beni strumentali, come dire: ci siamo dentro. Se a questo quadro aggiungiamo la querelle della Brexit e i segnali di rallentamento che coinvolgono anche la Germania, c’è poco da stare allegri. La Germania è il primo mercato di sbocco per la manifattura biellese, la Cina è il terzo, il Regno Unito il quinto. Nei primi nove mesi del 2018 – ultimi dati Istat dettagliati a livello territoriale – le esportazioni erano ancora positive per oltre due punti percentuali, ma è chiaro che le dinamiche complessive rischiano di farsi sentire.
Se fare previsioni rischia di essere un azzardo eccessivo, non resta che un auspicio: che abbia ragione Carlo Messina, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, secondo il quale nel secondo semestre 2019 potremmo beneficiare degli effetti positivi dispiegati dalla manovra e dalla possibile pace commerciale tra Washington e Pechino.
Dall’alto del suo osservatorio privilegiato, Messina sarà sicuramente più bravo di noi nel leggere il futuro.