Non ho nessuna voglia di perdermi in analisi concettuali e statistiche sulle recenti primarie del PD: già troppi, titolati o meno per farlo, intasano l’imbuto delle idee dal quale tento di distillare qualcosa di buono. Quelle che vorrei fare sono solo un paio di considerazioni oggettive.
Quasi due milioni di persone, il 30 di aprile, a un certo punto della loro giornata, hanno cercato nei cassetti il proprio certificato elettorale, si sono sfilati la tuta ginnica che indossano nei giorni di relax e pioggia, hanno calzato un paio di scarpe, hanno indossato un giaccone che pensavano già di dover mettere a riposo fino al prossimo autunno, hanno imprecato nella ricerca delle chiavi dell’auto e sono scesi in strada, avviandosi verso il seggio delle primarie abbinato al loro seggio elettorale.
Una volta lì hanno atteso con pazienza il proprio turno, consegnato i documenti, offerto volontariamente (i tesserati non erano tenuti a versarli e gli altri non erano certo obbligati a partecipare alla consultazione) i due euro utili a sostenere i costi di promozione e allestimento dei seggi. Alcuni hanno fatto un’offerta maggiore.
Hanno incontrato gente, amici e sconosciuti. Si sono salutati, hanno parlato e commentato. Hanno scherzato con gli attivisti presenti ai seggi, perché queste cose non accadono da sole e nemmeno super Renzi riesce a farle da solo.
Una maggioranza convinta ha votato uno dei contendenti. E, a permettere questo, è stato un partito politico: composto da cittadini, mica solo da frequentatori di salotti televisivi o opportunisti del tweet.
Ecco, c’è stata questo tipo di umanità dietro alle primarie del PD. Tacciare queste primarie di anti-tecnologia o vetero procedure è disumano. Nel senso che non si prende in considerazione l’umanità: quella di un partito e delle persone che lo compongono. Ce n’erano di meno o di più, avevano i capelli corti o lunghe chiome, erano giovani o anziani non importa. Chi voleva farlo, l’ha fatto: è uscito di casa a rivendicare la politica come fisica e visibile espressione di comunità.