I provvedimenti per prevenire il gioco d’azzardo patologico non sono un impiccio burocratico

Solo otto comuni della nostra provincia hanno provveduto a emanare un regolamento per i limiti orari relativi all’utilizzo di slot-machine nei locali pubblici. È il grido d’allarme che Salvatore Perrone, questore di Biella, lancia in questi giorni sui giornali locali.

Mi unisco a lui nel sollecitare i sindaci ancora inadempienti a provvedere al più presto, e lo faccio perché non è questione da sottovalutare: si tratta di applicare una normativa approvata dal Consiglio regionale la scorsa primavera.

In Regione ci siamo particolarmente presi a cuore il problema legato al gioco d’azzardo e alle conseguenze della ludopatia, ormai riconosciuta come fenomeno patologico tanto da inserirne il contrasto nei Livelli essenziali di assistenza, ossia in quei percorsi terapeutici interamente a carico del Servizio sanitario nazionale.

A questo punto, da parte dei sindaci, adeguarsi tempestivamente alla normativa regionale diventa un doveroso atto di responsabilità sociale nei confronti della popolazione.

La legge regionale, oltre alla restrizione oraria che ogni comune deve imporre tra le tre e le otto ore di divieto d’utilizzo, fissa norme per l’installazione delle slot, che non possono essere piazzate in locali troppo vicini ai luoghi definiti come sensibili: chiese, impianti sportivi, ospedali, banche e bancomat, stazioni ferroviarie, scuole (a questo proposito, secondo un’indagine di Nomisma in collaborazione con l’Università di Bologna, pubblicata in questi giorni, sono un milione e 240mila gli studenti italiani che tentano la fortuna con il gioco d’azzardo).

È uno sforzo che come comunità abbiamo il dovere di fare a tutela della salute dei cittadini, che non può – e non deve – essere trattato come un impiccio burocratico.